Quoting Monday

Negli ultimi due anni specialmente, ma in vero è così da un po’, sognare è diventato un lusso.

Intendo dire che prima era forse più semplice immaginare cosa voler “fare da grandi” e magari anche realizzarlo coi dovuti sacrifici. E se non si riusciva, in un modo o nell’altro, si trovava un’alternativa o un compromesso con la realtà.

Oggi è più complicato persino trovare quel compromesso con la realtà. Quando rimuovo il filtro dei colori, quello con cui cerco di farmi forza nel perseverare nei miei intenti, vedo una realtà dei fatti: le opportunità si prosciugano di pari passo al modo in cui l’uomo prosciuga le risorse del pianeta.  Siamo in un momento in cui guardare al futuro è sinonimo di nebbia ed incertezza.

Lo scrivo con l’esperienza di chi quella nebbia cerca di dissiparla seguendo il propria bussola interiore. La mia bussola punta al mio nord: la scrittura. Sono un work in progress, non voglio mollare. Perché? Semplice… Se riuscissi a trasformare la passione di una vita in lavoro, allora offrirei il meglio di me al mondo. E il mondo, sono sicura, offrirebbe il suo meglio a me.

3 valori per ritrovarmi sempre in ciò che scrivo

 

Avete dei principi cui cercate sempre di tener fede quando scrivete?

Quando si scrive per se stessi il primo passo è focalizzarsi su cosa voler scrivere e farlo individualmente: abbiamo idee, principi, valori e un modo tutto nostro di approcciarci alla vita. L’insieme di queste cose, secondo me, plasma anche l’espressività di ciò che scriviamo rendendolo unico e personale. Quando, però, si sceglie di scrivere per lavoro le cose cambiano: il rapporto con la scrittura muta nella misura in cui a variare è la prospettiva con cui si scrive; non scrivo più per me e per esprimere me stessa, ma scrivo per gli altri. Posso trovarmi a scrivere per un cliente che mi ha chiesto di curare il blog della sua attività finanziaria, per un giornale che mi ha affidato un pezzo sulla green economy ma che è più negazionista di Trump nei riguardi del global warming – cosa che probabilmente non vorrei fare, ma che forse finirei a dover per necessità. Il punto è un altro: quando la scrittura diventa lavoro non si scrive per se stessi ma per gli altri e per conto di altri, quindi è facile alle volte perdersi. Avete un modo per non farlo?

Io sì.

Pensare fuori dagli schemi: mi piace fermarmi a riflettere su ciò che devo scrivere, prima con semplicità e linearità e poi scomporlo per analizzarlo a fondo. Complicarlo anche per assurdo, soffermarmi ad inquadrare il punto di vista opposto o alternativo al mio se c’è. Chiedermi tutto ciò che riesco, dopo essermi documentata a sufficienza. Questo perché non voglio essere scontata e desidero che le mie parole possano essere la lucciola che illumina il cammino della ragione di chi legge. Rompere quegli schemi del pensiero che rendono il ragionamento limitato è la cosa migliore che un testo possa fare.

Sognare di più: è importante osservare, focalizzare l’attenzione sui fatti reali e comprendere. Però, non è tutto. L’immaginazione è quella capacità propria degli esseri umani che consente loro di trascendere il qui ed ora concreto della circostanza presente, lasciandoli liberi di andare oltre. È possibile guardare al passato e confrontarlo col presente per trarne insegnamento, così come è possibile prevedere almeno in parte le conseguenze che il presente può avere sul futuro e dunque agire per cambiare. Questa è una forma di immaginazione utile a capire cosa scrivere e come scriverlo per evitare – come nei foglietti illustrativi dei medicinali, sì – effetti indesiderati.
Poi c’è anche un altro senso, ovvero l’invito a guardare la realtà attraverso un filtro meno disilluso. Se la realtà è nera o grigia, noi che scriviamo possiamo colorarla per coloro che di quei sogni ne hanno bisogno. Sognare, badate bene, non significa pensare a cose impossibili… significa anche guardare in alto e riflettere su come rialzarsi quando si è appena caduti. I sogni servono a questo.

Il valore della scrittura: il più difficile da rispettare quando si scrive per gli altri perché è anche il più personale. Scrivo perché desidero esprimere nonché condividere qualcosa. Un pensiero, un sentimento, una sensazione, un evento, un disagio, un problema, una gioia. Insomma, è valore più intimo perché è connesso agli altri due ma al contempo è anche connesso alla verità delle proprie parole e quindi al valore di ciò che si scrive. Quando si scrive per gli altri, mantenere il valore della propria scrittura è un lusso che non sempre (anzi forse quasi mai) ci possiamo permettere. Ne soffro? Sì. Come mi comporto quando so che viene meno? Cerco dei compromessi tra ciò che devo scrivere e come lo scriverei, provando a restare fedele alla mia impronta. E se non è possibile? Probabilmente non aver tenuto fede a questo “write worth” mi stimolerà a fare di meglio la prossima volta, a riflettere di più o a rimediare scrivendo dell’altro per me stessa… essendo a tutti gli effetti me stessa.

Quindi, sì. Ho dei valori, che sono anche desideri: gli effetti collaterali che vorrei le mie parole avessero. Illuminare, stimolare, esprimere me stessa!