L’assurdità di un passato che torna presente
Gli eventi di guerra a partire dal 24 febbraio 2022 hanno reso impossibile vedere il nostro mondo come un mondo a colori, poiché esso è diventato triste, cupo, funesto come ciò che sta accadendo: un ritorno oramai inevitabile ad un “passato” che incarna il “presente” e che si appresta a diventare un “futuro” di terrore, rabbia e odio. Tre sentimenti avversi che difficilmente si dovrebbero affiancare alla razionalità distintiva dell’uomo, in veste di chi è in grado di discernere il bene dal male, il giusto dal torto, la ragione dall’ignoranza.
Un mondo oramai non più di tutti colori, ma un mondo che si colora di giallo e di blu, i due colori della bandiera della Ucraina, che rispettivamente indicano i campi di grano e il cielo ucraino. Nello studio della psicologia dei colori essi sono anche simboli di specifici sentimenti e stati d’animo: il giallo indica la libertà, la gioia, la solarità mentre il blu incarna la calma, l’equilibrio, l’armonia.
In tal senso, già dall’osservazione della bandiera nazionale, si palesa l’assurdità degli ultimi eventi e la condizione ossimorica tra ciò che dovrebbe essere un mondo unito e ciò che realmente accade, enfatizzando l’illogicità di una storia che si ripete, come un ciclo che non sembra avere mai una conclusione.
Non è nemmeno passato un secolo dalla fine della seconda Guerra Mondiale, il conflitto più estenuante, doloroso, disumano che ha macchiato l’uomo di crimini inenarrabili, che ha creato armi quali trappole per gli uomini stessi, che ha condotto le popolazione nella logica della distruzione, del razzismo, del genocidio…
È a seguito di queste considerazioni che sorge un quesito: è possibile che l’uomo abbia già dimenticato il suo passato, tutte le vittime e i carnefici, le potenti armi, la bomba atomica, la morte dei civili e dei militari?
È ragionevole immaginare che l’uomo abbia già rimosso dalla sua memoria una guerra che non ha portato né a vinti, né a vincitori, ma a una totalità di uomini resi a due mali superiori che sono l’odio e la bramosia di potere?
La parola “memoria” deriva dal termine greco mimnésco, “ricordare” e indica la facoltà di mantenere in vita – nella memoria – gli avvenimenti del passato, affinché determinati errori possano non essere più commessi. Ecco il motivo per cui il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, istituita per ricordare le 15 milioni di vittime dell’Olocausto.
Proprio la memoria diventa la parola chiave per affrontare l’ineluttabile presente, nel tentativo di edulcorare la pillola amara che è la vita stessa, segnata dall’attività di governi e uomini politici che antepongono gli interessi privati, commerciali ed economici alle vite umane.
Il mondo resta esterrefatto dinnanzi all’immagine di bambini in lacrime che salutano i lori genitori con il terrore negli occhi, di civili in fuga, di giovani ragazzi che partono per combattere in difesa della propria libertà e di quella dei propri cari.
La rabbia, l’indignazione, il sostegno dei cittadini per i profughi ucraini, le operazioni di salvataggio e i sussidi economici – e non solo – sono la speranza per poter affrontare il futuro, in contrapposizione ad un presente che ritorna come un déjà-vu.
L’unico attuale conforto è chiudere gli occhi ed immaginare che tutto ciò non sia reale: ci siamo addormentati con mille dilemmi e infinite domande e ci siamo svegliati senza soluzioni e senza risposte, con il cuore diviso in due fasce orizzontali di giallo e di blu e con la sola certezza che tutte le guerre sono uguali, ovvero tutte da condannare.
Anita Anfuso
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