La cucina fra tradizione e innovazione: Giovanni Puleo, chef, si racconta
di Rosanna La Malfa
Giovane ma con grande esperienza: da dove nasce la sua grande passione e che legame ha con il suo lavoro?
Unire passione e lavoro è una di quelle fortune che nel tempo ti accorgi di avere. Una passione diventa tale quando è una combinazione di gioco, divertimento, agonismo e programmazione che si intersecano l’uno all’altro. Sono elementi per me essenziali, che mi stimolano e non mi fanno mai abbassare la guardia.
Tradizione o innovazione? Qual è la sua idea di cucina?
La tradizione fa parte di noi. Molte volte ne parlo con il mio collega, lo chef Alessandro. Per esempio, il ricordo da bambino dei profumi provenienti dalla cucina della nonna durante un pranzo domenicale. Inizia tutto inevitabilmenteda lì e ciò influenza fortemente la nostra idea di cucina, dove l’innovazione è personalizzazione, non stravolgimento della tradizione siciliana.
Quali sono gli aspetti più faticosi dell’attività di chef?
Nel tempo, il fisico ne risente moltissimo più di quanto si possa immaginare, fortunatamente si riesce a compensare la fatica col divertimento, trucco da apprendere il prima possibile.
Cucinare non è mangiare. È molto, molto di più. Cucina è poesia. È d’accordo?
Vi assicuro che quando cucino difficilmente ho voglia di mangiare, realmente lo fai per gli altri… È come quando tra un gruppo di amici durante una cena sai già chi sta ai fornelli, ma lo fai con piacere e passione senza fartelo chiedere. Più ti accorgi che il cibo piace e più trovi motivazione: alla fine la risposta che cerchi è questa.
Prendo in prestito uno slogan pubblicitario “Fate l’amore con il sapore”. Che significa per lei?
Alcune persone non si accontentano di mangiare associando banalmente i sapori di una pietanza ai propri gusti abitudinari: vanno oltre, non si accontentano, perché stufi di mangiare per necessità. Vivono quel momento sperando che l’atmosfera del posto in cui ci si trova, la presentazione del piatto, il gusto e la predisposizione propria ti possano stimolare dentro… l’anima, il cuore…
Tanti talent show sulla cucina. Perché secondo lei?
È un business come tante altre cose lo sono state e altre lo diventeranno.
Se domani finissero di trasmettere questi talent show, le cucine continuerebbero a lavorare. Il problema purtroppo nasce qualora, come spesso succede, la gente spinta ad interpretare questi programmi va nei vari punti di ristorazione solamente per fingersi critico culinario, avventori che etichettano solo negativamente a priori senza nessun fondamento. La clientela di un locale è senza dubbio la parte che un ristoratore attenziona di più, non solo per un discorso economico, è un punto di riferimento da dove si parte e si migliora tutto. I talent show ti trasmettono solo l’ultima parte del vero mondo della ristorazione, tutto il resto non viene raccontato.
Ogni cuoco ha un maestro. Lei a chi si ispira?
Non ho un particolare idolo o guida tecnica, preferisco apprendere e approfondire il più possibile. Inoltre aggiungo che tante cose le ho catturate da persone che fanno tutt’altro mestiere e cucinano per hobby
Chef come esperti artigiani contro chef come abili artisti. Lei farebbe una classificazione simile? Se sì, a chi si sente più vicino?
Non capisco sinceramente questo tipo di differenza tra categorie distinte. Ci sono ristoranti di alberghi lussuosi, per esempio, che necessitano di chef e collaboratori che hanno studiato linee di lavoro specifiche e più ampie al fine di soddisfare ospiti provenienti da tutto il mondo, altri che magari, in piccole realtà aziendali, possono permettersi una costante lavorazione e produzione legata più al territorio ed a prodotti dop..
La scelta delle materie prime. Quanto è importante e come avviene per i suoi piatti?
Per nostra scelta, in perfetta sintonia con la proprietà, io ed Alessandro utilizziamo prodotti freschi locali e qualche altro non locale selezionato tra prodotti pregiati importati. Differentemente alla linea di cucina precedente alla nostra, si è deciso di rendere diverso il progetto self&cafè, che aggiungendo e introducendo un menù giornaliero completo, basato su una lavorazione e preparazione espressa di vari prodotti, rendendo così tutto molto dinamico , attivo e sperimentale.
Cosa direbbe ad un giovane che vuole diventare cuoco?
La gavetta è fondamentale e non si deve tralasciare nulla, soprattutto durante i primi anni di formazione. Poi col tempo e la maturazione si possono fare delle scelte anche diverse e decidere di pianificare la propria vita professionale verso altre strade, ma quella fatica dei primi approcci forma uno chef, senza bruciare le tappe e voler tentare di arrivare il prima possibile.
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