di Rosanna La Malfa


Ciao Maricia. Che cosa sono le malattie rare? E tu di che cosa ti stai occupando al momento?

Una malattia è definita rara quando la sua prevalenza non supera la soglia dello 0.05% della popolazione ossia 5 casi su 10.000 persone, soglia fissata dalla UE. (regolamento CE n° 141/2000 del parlamento
europeo. Il mio impegno è soprattutto rivolto in atto alla divulgazione di una malattia rara, la malattia di Fabry Anderson, una malattia a trasmissione genetica che ha come organi bersaglio il cuore, i reni ed il cervello; io in quanto nefrologo (specialista in malattie renali) mi sto molto impegnando nella divulgazione “a tutto tondo”. Mi rivolgo sia ai medici che alla popolazione. Spesso i medici non sono sensibilizzati alle malattie rare: è successo anche a me in passato.


Come si contrae e come si diagnostica una malattia rara?

Le malattie rare sono più di 6000 molte delle quali sono genetiche; è praticamente impossibile in questo contesto effettuare una classificazione. Spesso i sintomi sono invalidanti, spesso le manifestazioni cliniche non tardano ad arrivare. Si tratta di malattie che possono coinvolgere il sistema nervoso centrale, patologie oncologiche, cardiologiche, renali, multisistemiche con compromissione di molti organi ed apparati. La diagnosi varia in base al sospetto diagnostico del clinico pertanto gli strumenti diagnostici possono essere test genetici specifici o indagini strumentali classici (RM, TC etc)


Esistono degli screening?

Nel 2017 è stata finalmente avviata l’implementazione dello screening neonatale esteso su circa 40 malattie metaboliche ereditarie (rispetto ai 4-5 test pregressi). L’iter è stato molto lungo e complesso, istituzioni, centri di riferimento , associazioni delle persone con malattie rare hanno lavorato a lungo per stilare il Decreto del Ministero della Salute del 13/10/2016 “Disposizione per l’avvio dello screening neonatale per la diagnosi precoce di malattie metaboliche ereditate” che sta avvenendo con velocità differenziale nei vari territori. Un passo davvero importante dal momento che un neonato su 3000 circa nasce in Italia con una delle 800 malattie metaboliche congenite e la tempestiva diagnosi consente di adottare fin dai primi giorni di vita le terapie necessarie in grado di migliorare il decorso della malattia.


Studiare le malattie rare, oltre all’aspetto di importanza etica, è importante anche perché può avere dei risvolti nella diagnosi o nella cure di malattie non rare?

Tutto ciò che giorno dopo giorno accresce le conoscenze in merito le malattie rare fornisce inevitabilmente un arricchimento enorme nei confronti delle malattie “meno rare”


Cosa deve fare un pediatra nel momento in cui non riesce a venire a capo di una diagnosi, non riesce a capire che cosa possa avere un bambino?

Esistono centri di Riferimento Regionali delle malattie rare che sono in genere universitari; ogni regione ha la propria distribuzione ed organizzazione in tal senso. Il medico può essere assistito in questi centri.


Attraverso quali strumenti veicola i suoi messaggi e delle associazioni con cui partecipa?

Cerco di utilizzare i canali più consoni a seconda l’interlocutore a cui mi rivolgo utilizzando strumenti e linguaggi diversi se mi rivolgo a platee di medici o di persone della strada o di alunni delle scuole. Il fattore denominatore comune è fare reteRete intesa come sinergia tra medici, ricercatori, istituzioni e associazioni di pazienti, solo attraverso questo confronto condiviso si possono raggiungere i più veri e significativi obiettivi.

Un ringraziamento particolare va a Cinzia Calderone, presidentessa dell’Associazione siciliana IRIS malattie ereditarie metaboliche rare che ha creato la rete siciliana delle malattie rare costituita da 22 associazioni, a Tommasina Iorno, presidentessa di UNIAMO ONLUS, federazione delle associazioni di pazienti affetti da malattie rare che attraverso il progetto “VOCIFERARE”, ovvero la voce del paziente raro progetto della federazione, che è stato selezionato e cofinanziato dalla Fondazione con il Sud. Un ringraziamento ancora a Stefania Tobaldini, presidentessa di AIAF (Associazione italiana Anderson Fabry). Humanity Onlus, associazione della quale io sono presidentessa, opera dando supporto attraverso i propri volontari contribuendo nelle attività delle varie associazioni ed a giugno di quest’anno è entrata a pieno titolo a far parte della RETE SICILIANA DELLE MALATTIE RARE.


Parliamo delle famiglie e dei bambini con malattie rare che crescono e diventano adulti? Quali per loro le sfide?

Esiste un’operatività sorprendente relativa alle associazioni di pazienti, associazioni che stanno sempre più avvalendosi di rappresentanti che danno voce alle esigenze delle famiglie. Personalmente mi rendo disponibile nei confronti di coloro hanno difficoltà ad accedere a varie informazioni. Il Transitional care è un argomento che è sempre più attenzionato durante tavoli tecnici dedicati.


Le direzioni generali e sanitarie, e i decisori in materia di politica sanitaria come si rivolgono vero le questioni delle malattie rare?

Come dicevo in precedenza, trovo sempre più crescente l’interesse reale delle istituzioni, nonostante ci sia ancora molto da fare in questo senso. Ma non demordo e non demordiamo.


Il bene più grande di una società è la salute della popolazione. Quanto più a lungo le persone restano sane, tanto più saranno produttive. E noi come società, coscienza sociale, cosa siamo chiamati a fare?

Bisogna che ognuno di noi si renda parte attiva nei confronti della collettività. Credo profondamente nel ruolo sociale che ognuno di noi deve compiere.


Tanti traguardi raggiunti ma ancora molti sono da raggiungere. Quali sono le tue speranze per il futuro?

Continuare nell’opera già iniziata è il mio obiettivo  e di coloro con cui lavoro in forte sinergia… Lavoriamo instancabilmente sulla formazione e sull’informazione nella personale consapevolezza (supportata da dati clinici significativi) che diverse malattie sono definite rare perché poco diagnosticate.

In un mondo spesso lontano da chi non è sano, impegnarsi sia come medico che come cittadino o semplicemente come uomo e come donna, è un dovere umano affinché persone che hanno la voglia e la gioia di donare e ricevere un sorriso, di fare compagnia a chi spesso non ha la possibilità di andare semplicemente a fare una passeggiata, possano costruire un domani migliore ed un’umanità più pulita per noi e i nostri figli. Ci spero e ci credo.

 

Fonte: Quotidiano dei contribuenti